L’ex presidente Carlo Tavecchio tuona contro i suoi detrattori e rivendica la validità della sua idea per far rifiorire i vivai italiani e riportare gli azzurri a lottare per un Mondiale.

Roberto Mancini ha deciso di continuare la sua avventura come commissario tecnico della Nazionale azzurra. Il fallimento contro la Macedonia del Nord non gli è costato il posto, probabilmente perché solo qualche mese prima era giunto un Europeo inaspettato, ma anche perché le ragioni di questo fallimento sono da ricercare più in profondità. A differenza di quanto accadeva negli anni ’90 e all’inizio dei 2000, il ricambio di giocatori italiani è decisamente inferiore. Il Mondiale 2006 ha rappresentato l’apice di un percorso di costruzione, in cui abbiamo dominato in lungo e largo a livello giovanile e durante il quale probabilmente abbiamo raccolto meno di quanto avremmo meritato.

Già allora, però, si percepiva che il movimento calcistico italiano era in difficoltà. Dietro i grandi protagonisti di quel mondiale, infatti, c’era una carenza di ricambi che è stata sottovalutata e che ha portato a risultati al di sotto delle nostre possibilità e del nostro blasone. Nel 2008 siamo usciti ai quarti dagli Europei, nel 2010 non abbiamo superato il girone dei Mondiali, idem nel 2014, quindi le due eliminiazioni al girone di qualificazione degli ultimi 8 anni. In 15 anni la Nazionale italiana ha raccolto solo un Europeo (quello dello scorso anno) e una finale dell’Europeo (persa in malo modo) nel 2012.

Troppo poco per una squadra abituata a recitare il ruolo di protagonista nelle competizioni importanti. Una situazione preoccupante che lo diventa ancor di più se si pensa che una volta ritiratisi i senatori non abbiamo sostituiti allo stesso livello. La verità è che bisognerebbe lavorare di più a livello giovanile, impostare i vivai come in Spagna e Germania, per costruire sin dalla giovane età i campioni del futuro. Affinché questo accada, però, bisogna anche che le società decidano di abbracciare questo sistema. Non solo ci vorrebbe maggiore attenzione alle giovanili, ma anche maggiore coraggio nel dare spazio ai ragazzi di talento.

A tal proposito si è espresso in queste ore l’ex presidente della Figc Carlo Tavecchio. Il dirigente sportivo ha approfittato del fallimento per ribadire la propria idea sul rinnovamento dei settori giovanili. All’epoca era stato duramente attaccato e Tavecchio se l’è legata al dito: “Il pescare nel mare magnum degli stranieri porta a questi risultati. Dimissioni? Ognuno fa quello che vuole. Dissi solo che chi doveva venire a giocare in Italia doveva avere un curriculum che dimostra che giocasse in una squadra rappresentativa del suo paese, come succede in Francia e in Inghilterra”.

A suo avviso bisognerebbe potenziare i centri federali al fine di formare giovani pronti a giocare ad alti livelli, un po’ quello che succede ad esempio in Argentina. Quindi bisogna mettere un limite ai giocatori stranieri nei vivai, riferendosi ovviamente agli extracomunitari (il limite a quelli comunitari non si può fissare poiché l’Italia è parte dell’Unione Europea). In ogni caso Tavecchio è convinto che alla fine si giungerà ad una naturale “Autarchia”, quando i problemi economici delle società imporranno a tutti una maggiore attenzione ai vivai e alla crescita dei giovani.

Di scapa

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