Ha vinto una coppa Italia, nella stagione 2000/01, e nient’altro.
Nonostante ciò è entrato nella storia del calcio dalla porta principale per un gesto tecnico spettacolare che ancora in molti (sicuramente i meno giovani) ricordano.
È il 2 novembre del 1999.
Si celebrano i morti e la Fiorentina al Franchi affronta il Barcellona nell’ultima gara della prima fase a gruppi della Champions League.
I viola morti ancora non lo sono, sebbene debbano necessariamente non perdere per passare il turno e all’andata abbiano perso 4-2 al Camp Nou.
È il minuto 14.
I ragazzi guidati da Giovanni Trapattoni attaccano, dando vita ad un’azione abbastanza confusa.
Chiesa penetra in area, sgusciante come sempre, e prova a mettere in mezzo un pallone verso Balbo.
Ma c’è Ronald De Boer che libera l’area, tirando il pallone dalle parti di Heinrich.
Il centrocampista tedesco dapprima prova ad agganciare la sfera, per poi provare a contenderla di testa ad un azulgrana.
Ma la palla, bisbetica, non ne vuole sapere a farsi addomesticare.
Siamo ad una trentina di metri dalla porta, forse venticinque.
Non saprei di preciso, ma per certo non siamo vicini, quando succede quello che non ti aspetti.
Un centrocampista che sin lì ha giocato per lo più in provincia – un gregario – Mauro Bressan, decide di entrare nella storia.
Nato a Valdobbiadene nel gennaio del 1971, è lui quella sera ad essere spumeggiante.
Ed ecco cosa combina.
L’UEFA lo inserirà qualche anno dopo tra i 60 gol più belli realizzati nelle competizioni continentali.
Dal canto mio, fossi Bressan, mi bullerei ancora di quel gesto tecnico.
E, seduto ad un tavolino, con un lattuccio caldo in mano, pensando al mio passato da professionista, ritornerei spesso su quel momento.
Quando, preso un po’ dall’incoscienza, ai margini dell’area di rigore di una compagine che può contare su calciatori del calibro di Luis Figo, di Rivaldo, di Patrick Kluivert, decisi di librarmi in volo, di schiena, un po’ come un saltatore in alto, e poi sforbiciare il bisbetico pallone che – ammansito – avrebbe deciso di dar vita ad una parabola perfetta, destinata a battere Arnau.
D’altra parte in carriera Mauro Bressan non conterà più di una ventina di reti in una ventennale carriera.
Il biennio a Firenze è forse il più fortuato per lui, cresciuto nelle giovanili del Milan ad osservare mostri sacri come gli Albertini, gli Evani e i Donadoni.
Dopo gli esordi in C con il Como, viene portato in serie A dal Foggia e gioca la stagione 1994/95 da titolare, pur poi retrocedendo coi pugliesi (che da quell’anno non sarebbero più tornati nella massima divisone).
In seguito tante altre piazze importanti della provincia italiana: Cagliari, Bari, la già citata Firenze e Venezia.
La stagione 2001/02, con la casacca dei lagunari, è l’ultima in serie A per Bressan che retrocede nuovamente e allora decide di rimanere tra i cadetti, accettando la corte di un’altra nobile decaduta come il Genoa, dove disputa una (non indimenticabile) stagione.
A 32 anni decide di tornare nella Como degli esordi e gioca tra B e serie C1, prima di chiudere in Svizzera, tra Lugano e Chiasso.
Cosa fa Mauro Bressan oggi?
Ritiratosi al termine della stagione 2008/09, Mauro Bressan è rimasto legato al gioco del pallone: nella stagione 2009/10 ha ricoperto il ruolo di direttore sportivo per il club ungherse Vasas SC (come ci informa la pagina anglofona di Wikipedia) e nel maggio del 2011 ha ottenuto la qualifica per poter esercitare il ruolo anche in terra tricolore.
Sorvoleremo in questa sede sul suo presunto coinvolgimento nello scandalo del calcioscommesse del 2011 (d’altra parte nel 2019 il tribunale di Bologna ha dichiartao esistanta l’accusa di partecipazione ad associazione a delinquere per lui ed altri 25 imputati – in precedenza, nel 2011, è stato squalificato per 3 anni e 6 mesi dalla Figc) ma vi riportiamo brevemente cosa fa oggi Mauro Bressan, anche dando un occhio al suo profilo Instagram (dove conta 1612 follower).
Manager & founder NFA della soccer school academy (accademia per giovani calciatori con corsi estivi a Jesolo), su Instagram posta momenti di vita quotidiana, con la compagna (un’avvenente bruna) e con colui il quale riteniamo possa essere il figlio (apparentemente cuore rossonero).