Ad inizio anni ’10 è stato uno degli attaccanti più forti del calcio mondiale.
Ha vinto due Europa League diventando massimo cannoniere della seconda competizione continentale, militando in una serie di top club europei – lasciando più o meno il segno (dall’Atletico Madrid con cui ha vinto l’EL nella stagione 11/12 a Manchester United e Chelsea in Inghilterra).
Poi qualche infortunio di troppo ed una parabola discendente senza exploit significativi.
Parliamo del colombiano Radamel Falcao, acquistato a parametro zero dal Rayo Vallecano lo scorso 4 settembre: per lui un ritorno a Madrid dopo la parentesi con la casacca dei Colchoneros.
Due Madrid ben diverse, quella di Vallecas e quella dell’Atleti, con obiettivi ben diversi.
Ma per Falcao la possibilità di confrontarsi nuovamente con un campionato di primissima fascia dopo l’esperienza turca.
Ma a colpire i più è stata la scelta di Falcao di optare per un numero di maglia quantomeno insolito: la casacca numero 3, un tempo affidata al terzino sinistro e in questa occasione sulle spalle del centravanti.
Come sottolineato dal Daily Star, questa scelta ha portato in molti sui social a gridare alla morte del calcio, mentre qualcuno ha preferito fare ironia sulla sua tenuta fisica:
“Numero 3 come il numero di partite che giocherà prima di infortunarsi di nuovo”.
Una posizione ben più sensata di quelle apocalittiche di chi è stato pronto a scrivere ché il calcio è morto.
D’altra parte si tratta di qualcuno con la memoria corta: proprio la maglia numero 3 fu indossata da un altro attaccante – Mohamed Kallon – in tempi non sospetti (erano i primi anni ’00).
Fossero poi queste le avvisaglie della morte del calcio…