L’Italia di Roberto Mancini è stata presa a pallonate dall’Argentina nella finalissima della Coppa dei Campioni: l’addio di Chiellini è amaro e conferma la necessità di un cambio generazionale.
Prima della partita di ieri sera il commissario tecnico Roberto Mancini ha chiarito che sarebbe stata l’ultima partita della vecchia guardia e che, comunque fosse andata, a partire dai prossimi impegni sarebbe stato dato largo ai giovani. Parte di quei giovani li abbiamo visti ieri in campo: Barella, Scamacca, Mancini, Raspadori, Locatelli, Donnarumma e Bastoni. Loro sono la base, insieme a Tonali, Chiesa e Zaniolo su cui ricostruire un’Italia che sembra aver perso lo smalto e la convinzione che ci ha portato alla vittoria dell’Europeo appena 12 mesi fa.
Che il gruppo sia allo sbando e bisogna ricostruire lo dimostra anche la partita di ieri. L’Argentina è stata più quadrata, più pronta nei confronti uno contro uno, dotata di più idee e di maggiore tecnica. Le occasioni per gli azzurri sono state poche, figlie di situazioni quasi casuali, frutto più di voglia che non di organizzazione e idee di gioco. Sembrava tuttavia che gli azzurri potessero reggere l’urto come fatto in altre occasioni, ma solo finché Messi non si è acceso e con un’accelerazione ha creato superiorità e liberato al tiro Lautaro Martinez.
L’1-0 ha dato convinzione ai sudamericani che hanno incrementato il volume e l’intensità di gioco. Il 2-0 è stato una logica conseguenza ed ha spezzato le gambe ai nostri. A quel punto non c’è stata più partita: Messi e Di Maria hanno inventato calcio e hanno ingaggiato una lotta aperta con Gigio Donnarumma, il quale ha fatto il possibile per evitare che giungesse anche il 3-0. Alla fine il sigillo è arrivato dal neo entrato Paulo Dybala, fino a qualche settimana fa compagno di quel Chiellini che ieri giocava l’ultima partita in azzurro.
Per Giorgio si è trattato di un addio amaro, di un’ultima delusione in maglia azzurra. Nella sua pur eccellente carriera, Chiellini è entrato a far parte del gruppo azzurro dopo il mondiale 2006 ed ha vissuto tutta la parabola discendente della Nazionale. La gioia dell’Europeo aveva cancellato in parte anni di delusioni continue, ma gli ultimi mesi, quelli in cui abbiamo raggiunto il record negativo di mancate qualificazioni al Mondiale e in cui abbiamo perso anche quest’ultimo scontro hanno riportato alla memoria di tutti i fantasmi del recente passato.
Un unico risultato in 16 anni è troppo poco per una nazionale come la nostra ed il problema maggiore è che sul breve non si vede una soluzione a questa caduta nel baratro. Tra i giovani finora emersi ci sono ottimi giocatori, ma nessun vero campione. Manca il giocatore in grado di accendere la luce a centrocampo, manca l’attaccante di estro in grado di scardinare la difesa avversaria e manca un bomber di sicuro affindamento che trovi con costanza la via del gol. Come spesso capitato nella nostra storia il miglior reparto rimane la difesa che, nella coppia Mancini-Bastoni, ha trovato gli eredi di Bonucci e Chiellini.
La speranza è che i giovani maturino e crescano in modo inaspettato e superino le aspettative iniziali nei loro confronti. Negli anni a venire ci saranno altri che si affacceranno al calcio professionistico e che potranno dare loro una mano. La sensazione, però, è che il percorso verso l’olimpo del calcio sia lungo e tortuoso, non privo di complicazioni e probabili passi falsi. Bisognerà avere pazienza e aspettare che il nuovo gruppo acquisti consapevolezza nei propri mezzi.